La cultura pop non solo ha soppiantato la natura e
colonizzato
lo spazio fisico praticamente di ogni paese del mondo, ma
(fatto non meno importante) si è spinta persino a colonizzare
quei territori interiori, soggettivi, che un tempo si
ritenevano
quasi inviolabili, come la memoria individuale, il desiderio
sessuale, lo spazio dell’inconscio.
( Larry McCaffery, postfazione all’antologia After
Yesterday’s Crash- The Avant Pop Anthology )
Io, chiunque sia, interagisco costantemente con i dati creati
da Voi Collettività, chiunque siate, e interagendo con il
Collettivo-Voi troverò il significato.
( Mark Amerika, Manifesto
dell’Avant Pop )
Bisogna assolutamente leggere I morti, ‘romanzo’ di Jorge Carrion[1]
per avere un’idea di che cos’è il cyberspazio, ovvero la realtà in cui
viviamo concretamente. Bisogna assolutamente leggerlo per capire questo spazio ‘rizomatico’,
dove non esistono più gerarchie tra Cultura Alta e Cultura Bassa, questo
Sistema che ingloba tutte i dati, le informazioni e le creazioni umane. Il
cyberspazio, come abbiamo già detto nel post precedente (riprendendo le teorie
avant pop), non è più oggi una estensione della realtà o una realtà parallela,
ma è diventata la stessa realtà, fisica e mentale, esteriore ed interiore, nel
momento in cui consideriamo che allo stato attuale ogni cosa può essere od è
catalogata-mappata-spiegata-citata-fotografata-filmata-digitalizzata-archiviata-postata-registrata[2].
Nessun aspetto della realtà sfugge alla ‘registrazione
digitale’, anche gli stessi pensieri, se consideriamo ad esempio il fatto che
questi possono essere registrati in tempo reale ed in qualunque momento (basta
avere un telefonino) e messi a disposizione di tutti… con un tweet o un post.
Per capire meglio questa fitta ed infinita rete di
interrelazioni che è il cyberspazio, allora, dobbiamo leggere soprattutto il
capitolo centrale di questo libro, gli effetti cioè provocati dalla messa in
onda della serie tv I morti.
Il libro di Carriòn infatti si presenta come <<opera
audiovisiva in formato narrativo[3]>>,
come scrittura di questa serie tv (inventata): I morti, appunto. Ambientata in una ‘distopica’ New York, dove si
materializzano all’improvviso uomini e donne di ogni età (come se nascessero in
una nuova vita) che devono trovarsi un lavoro ed una identità, la serie I morti, trasmessa per prima dall’emittente
americana Fox, si divide in due stagioni: una ambientata nel 1995[4]
e l’altra nel 2015. Tra una stagione televisiva e l’altra vi è la parte più
interessante del libro, quella in cui Carriòn inventa un articolo di giornale
che descrive gli effetti e le reazioni provocati dalla messa in onda della
fiction. L’articolo prende spunto, a sua volta, da un immaginario post, che il
coordinatore di contenuti del blog ufficiale dei telespettatori de I morti ha inviato, sotto forma di
e-mail, ai suoi superiori (inizia a delinearsi il sistema di relazioni
massmediatico: fiction televisiva-giornale-blog-email…):
I morti ci ha aperto gli occhi su una realtà
che non possiamo continuare a ignorare. Ai massacri del’antichità, alle vittime
americane della conquista europea, ai
morti nelle battaglie napoleonicha, allo sterminio africano dell’epoca
coloniale…sappiamo ora che bisogna aggiungere tutte le vittime dell’Iliade,
dell’Antico Testamento, delle canzoni di geesta, delle saghe cinesi, delle
danze di morte, dei romanzi cavallereschi, della Divina Commedia, delle
tragedie di Shakespeare…dei western, dei lungometraggi bellici, dei fumetti di
supereroi, delle tre parti di Matrix, delle sei di Guerre Stellari, di tutti i
film di azione e di guerra di Hollywood, di 2666 di Roberto Bolano, o di Le
Benevole di Jonathan Littell, di tutti i videogiochi iperrealistici, insomma,
di tutte le narrazioni che da sempre hanno nutrito con la loro violenza il
nostro immaginario e le nostre pulsioni umane.
Due note vorremmo appuntare a questo passo prima di
proseguire:
-L’unione o fusione o sovrapposizione tra Finzione e Realtà;
-La letteratura messa sullo stesso piano (quello della
<<narrazione>>) della non-letteratura (dei prodotti culturali di
massa cioè).
Tornando ad un discorso generale sul libro, leggiamo in
questa parte centrale come I morti si
presentino come opera intertestuale che ripropone personaggi della finzione
letteraria, televisiva e cinematografica (senza distinguere tra Cultura Alta e
Cultura Bassa): nella fiction infatti si muovono le incarnazioni di Lady
Mcbeth, la bambina vestita di rosso in Schindler’s
list, il detective McClane dei film d’azione Die Hard e la comunità protagonista di Blade Runner.
La serie tv I morti,
inoltre essendo opera intertestuale fa nascere attorno a sè (come ogni evento
mediatico oggi) tutta una serie di ‘testi’ o informazioni collegate:
…aveva provocato la proliferazione di blog, fori e pagine web
in cui si raccoglieva materiale pubblicitario, si analizzavano fotogrammi, si
discutevano fonti letterarie, si cercava di dedurre…chi fossero i protagonisti,
a quali opere letterarie e cinematografiche appartenessero, si facevano
classifiche e votazioni, si davano piste e chiavi per accedere all’ingente
materiale di ogni tipo (scene eliminate, cartine, fotografie, video, pellicole
originali, opere letterarie di tutti i tempi, poemi, diari di personaggi,
pubblicazioni periodiche e blog presumibilmente radicati nel mondode I morti, una versione in fumetto di ogni
capitolo, un videogioco online dove si impersona un nuovo e bisogna sopravvivere
fino a quando non vine indovinato il suo passato, più una lunga serie di
frammenti di un labirinto spezzettato in centootto pagine ufficiali e infinite
pagine paraufficiali), materiale sparso nel ciberspazio.
Da una serie televisiva quindi nascono articoli di giornale,
dibattiti, blog, saggi, discussioni giuridiche, social network... Viviamo in
un mondo sempre più interconnesso e sovraccarico di informazioni. Questa è
la prima osservazione che scaturisce dalla lettura di questo libro.
Seconda osservazione: in questo groviglio di informazioni è
sempre più difficile discernere la Realtà dalla Finzione. La Finzione oggi
si sostituisce
sempre più alla Realtà.
Non solo gli spettatori de I morti arrivano al punto di provare una forma di lutto collettivo
per dei personaggi letterari o tele-cinematografici (e quindi del tutto
inventati), non solo quindi gli spettatori partecipano emotivamente alla
Finzione come se questa fosse Realtà (cosa che accade comunemente oggi); ma si
arriva al punto di discutere addirittura di uno statuto giuridico per i
personaggi artisticamente inventati:
In questi stessi anni si è cominciato a discutere quale sia
il valore, lo statuto d un personaggio (letterario, cinematografico,
televisivo, grafico, virtuale), quali siano i suoi diritti, se li ha, e i suoi
obblighi, se esistono. Ciò avviene nello stesso momento storico-insisto-in cui,
attraverso la clonazione, la biotecnologia e l’intelligenza artificiale si sta
sviluppando la progressiva esistenza di un altro tipo di individuo o di
soggetto possibile.
I
nternet infine, con le possibilità che offre ad ognuno di noi
di partecipare attivamente alla cyberrealtà, e di non essere più solo spettatori passivi, completa questo
quadro in cui Finzione e Realtà si sovrappongono.
Carrion inventa infatti <<mypain.com>> un
particolare social network, più avanzato di Facebook o Second life, nato
appunto dopo il successo de I morti.
Mypain ci fa capire il funzionamento di
quella rete di informazioni o interrelazioni che è il cyberspazio. Nato
inizialmente come una community o insieme di reti sviluppatesi intorno ad un
personaggio inventato (ad es. Charlie, della serie televisiva Lost, o Amleto,
Capitan America, il Che[5])
mypain.com è diventato in seguito per ogni utente <<…uno spazio
sufficiente per incollare i materiali che ritiene adatti ad esprimere il
proprio “dolore” e “rispetto” (parole chiave nella pubblicità della marca) , e
quindi la circolazione di frammenti di film, canzoni, oggetti fotografati o
scannerizzati, passaggi letti, opere proprie eccetera…>>.
Infine mypain si è trasformato in un mondo virtuale assoluto, che <<imparava
dagli errori di Second life e dei suoi epigoni e che permetteva di resuscitare
i personaggi oggetto di lutto, per trasformarli in avatar>>. Con un
grande asta mondiale si potevano acquistare (una sola volta e da un unico
utente) tutti i personaggi fittizi, dai manga giapponesi al capitano Achab, per
poterli far rivivere una seconda volta. Sulla Rete. Su quell’immenso
contenitore di dati ed informazioni, in cui tutti sono connessi tra loro e in
cui si finisce per vivere una vita che da virtuale diventa sempre più reale.
Può, in conclusione, la Letteratura sopravvivere in mezzo a
social network e videogames, serie tv e blog di ogni genere?
Carrion al riguardo è molto ottimista. Egli conosce bene
tutti i meccanismi della Cultura di Massa e ce ne dà un’ulteriore prova:
In ogni caso, questo boom della fiction ha rivitalizzato la
letteratura, perché ha creato un nuovo interesse per la lettura, lo studio e la
riflessione sull’universo letterario…
Ovviamente tutto è iniziato con la traduzione e la ristampa
di milioni di esemplari di Il cacciatore
di androidi, il romanzo di Philip K.Dick che ispirò Blade Runner, e con l’entrata in circolazione di nuove versioni del
classico di Ridley Scott; ma è continuato con un interesse rinnovato e
rinforzato dallo studo dell fiction. Bisogna vedere tutti i film, o tutti gli
episodi, oppure leggere tutti i fumetti e tutti i romanzi in cui appare o
potrebbe essere apparso il personaggio che hai resuscitato e il cui avatar, in
un certo senso, sei tu o il tuo altro io, perché dipende assolutamente da te.
Lo stesso successo la Letteratura (ne sono sicuro) lo avrà
dopo il talent show Masterpiece, come ho già detto in un altro post…
[1] Jorge
Carriòn, classe 1976, spagnolo, è uno degli autori della Generacion Nocilla. Il
libro I morti è stato pubblicato nel 2010 in
Spagna e nel 2012 in Italia (“atmosphere libri”)
[2] La
sensazione di essere spiati o controllati, la sensazione di vivere un eterno
Presente istantaneo, la sensazione che nulla di nuovo può essere aggiunto o
vissuto, sono sensazioni tipicamente postmoderne.
[3] Con alternanza
di fiction e saggistica
[4] Quando,
ci verrebbe da dire, siamo entrati in questo nuovo segmento della contemporaneità,
nell’era del digitale e della spettacolarizzazione di ogni cosa.
[5] Che
Guevara è un personaggio reale ma anche fittizio, afferma Carrion.
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