martedì 2 aprile 2013

"Il sogno della Nocilla". Un romanzo postmoderno



Parliamo di un romanzo pubblicato nel 2007 per la Neri Pozza Editore. Titolo: Il sogno della Nocilla. Autore: Agustìn Fernàndez Mallo, classe 1967, una laurea in Fisica e tre raccolte di poesie pubblicate e non ancora tradotte in italiano.
Ma, è giusto definire quest’opera un romanzo? A ben guardare si tratta piuttosto di micronarrazioni ‘rizomatiche’, prive di sbocco narrativo, storie disparate e minimal, che si intrecciano e non tra di loro, insieme a passi tratti da altri autori (saggi ed articoli scientifici per lo più). Un libro-collage perfettamente postmoderno, che ci spinge ad una prima riflessione: queste microstorie, molte delle quali ambientate proprio negli USA, ci ricordano molto Carver, padre del Minimalismo letterario americano. Nei suoi racconti infatti non c’è continuità, sviluppo e respiro narrativo. Le sue sono situazioni, piuttosto che racconti. Il Minimalismo allora non sarebbe altro che uno degli aspetti del Postmodernismo, nel momento in cui registra, a modo suo, l’impossibilità di narrare, nel senso classico del termine: seguendo cioè un percorso lineare, con un inizio, uno svolgimento ed una fine. Proprio come avviene nel libro Il sogno della Nocilla, che appare come un collage di frammenti, fotogrammi, ritagli slacciati.

Il tempo ‘lineare’ del romanzo qui rimane fermo ad un presente interminabile, privo di sviluppo, come una interminabile giornata sempre identica a sè stessa, vissuta in un deserto (spazio spesso ricorrente nel romanzo). In molti scrittori postmoderni è proprio il tempo narrativo a subire delle modifiche. Nei Fiori blu di Queneau, ad esempio, il piano temporale del Duca d’Auge e quello di Cidrolin si intersecano tra di loro, senza distinzione tra sogno e realtà, senza rispettare la Storia. I piani temporali (presente, passato, futuro; reale ed immaginario) si confondono in un racconto di Julio Cortàzar, L’isola a mezzogiorno, mentre in L’autostrada del sud il tempo di un ingorgo automobilistico si dilata a dismisura, oltre l’inverosimile.
Inoltre ne Il sogno della Nocilla non c’è una vicenda principale ma tanti frammenti di storie, fotogrammi o flash , come accade nel Pasto nudo di W.Burroughs, dove la narrazione slitta di continuo in un vertiginoso caos narrativo. Il pretesto narrativo di Burroughs è la distorsione di una mente sotto effetto o sotto astinenza da droghe: uno stato di confusione, un tilt psichico dovuto all’ eccesso di immagini ed informazioni. Una situazione che oggi sembra essere diventata molto diffusa, senza il bisogno di ricorrere all’uso di droghe.
Considerazioni analoghe possono essere fatte anche a proposito degli spazi nel romanzo di Mallo. Le narrazioni de Il sogno della Nocilla sono ambientate in luoghi tra di loro distanti (USA, Cina, Spagna) che non sembrano però avere molte differenze tra di loro; interessanti, inoltre, sono le descrizioni dei non-luoghi o ‘micronazioni’ (terminal di aereoporti, tutte le linee di confine del mondo, oppure basi militari abbandonate, occupate e proclamate Stati indipendenti).
La Cina, per Mallo, diventa la vera nazione postmoderna, rispetto agli ormai superati e semplicemente ‘moderni’ Stati Uniti. In Cina tutto viene imitato, riciclato, rielaborato e riproposto (tipiche operazioni postmoderne). Tutto diviene artificiale, forzato e posticcio, come nell’unica vera città postmoderna americana: Las Vegas.  Una città di plastica, irreale nella sua collocazione geografica ( il deserto), una città senza una storia o una geografia, ma dove tutte le storie e le geografie vengono ricostruite.
Il mondo globalizzato è un unico grande spazio dove si azzerano, si capovolgono, si confondono le identità: come avviene su Internet, spazio virtuale spesso ricorrente nel romanzo. Metafora del ‘rizoma’, a sua volta metafora della realtà odierna.
Una realtà che, allora, non è altro che uno sterminato caos dove tempo, spazio, personaggi e storie si annullano? Dove ogni certezza viene centrifugata in una miriade di punti di vista? E la Letteratura, in tutto ciò, dovrebbe sancire la sua condanna, registrare l’impossibilità di narrare, di raccontare?
Qui ci soccorre la lezione del nostro grande Italo Calvino, uno dei maestri del Postmodernismo. Lucido, ottimista e lungimirante, Calvino, nel suo testamento letterario Lezioni americane, lancia la grande sfida della Letteratura (tutt’altro che morta). Dice Calvino che se il Reale è sempre più complesso, la letteratura di conseguenza <<...vive solo se si pone degli obiettivi smisurati>>, quelli cioè di rappresentare questa molteplicità del mondo, sfruttando al massimo le sue potenzialità formali, narrative e descrittive. <<La grande sfida per la letteratura è il saper tessere assieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo>>.
Rifiutando l’indistinto ed  il generico, la realtà potrà essere raccontata con tecniche nuove, sperimentali, ed al tempo stesso recuperando  quei valori semplici, immutabili, classici e cristallini della letteratura: Leggerezza, Rapidità, Esattezza. Perchè la letteratura deve sapere, ancora e sempre, raccontare ed incantare: con la favola, il racconto, la poesia. Come ha sempre fatto.

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