Dal suo romanzo d’esordio fino alle Lezioni
americane, pubblicate postume, la figura di Italo Calvino si caratterizza
per un atteggiamento costante di fondo: la Leggerezza. Che
non deve essere confusa con superficialità, quanto interpretata come
equilibrio, misura, ironia. Una leggerezza che corrisponde al piacere di
narrare, di immaginare, di evocare. Una
leggerezza che sembra non appartenere alla Letteratura italiana dei decenni che
vanno dal dopoguerra agli anni ’80. L’epiteto ‘anni di piombo’ può benissimo riassumere la pesantezza sociale,
politica ed anche letteraria, soprattutto dei decenni ’60 e ’70, per i quali potremmo parlare di un
ispessimento generale della Letteratura, di uno sperimentalismo molte volte
complicato e di difficile lettura, che sembra coinvolgere tutti gli scrittori,
compreso lo stesso Calvino.
Il quale parte però da un approccio diverso nei confronti del mezzo
letterario e delle sue possibili sperimentazioni: da quel piacere di narrare,
che lo porta ad indagare i meccanismi del racconto, a smontare ed esaminare la Letteratura come
farebbe un bambino curioso con un giocattolo, con un congegno affascinante e
complicato.